Studio Arcobaleno

LO SVILUPPO AFFETTIVO: i primi mesi di vita

I primi mesi di vita del bambino rappresentano un turbinio di intense sensazioni che il neonato percepisce, per lo più, come stimoli corporei. In questa fase della vita, infatti, bisogni corporei e bisogni psicologici si sovrappongono in modo tale che risulta spesso impossibile separarli. Nutrire il bambino, per esempio, permette di soddisfare un bisogno fisico e psichico insieme, nel momento in cui il cibo rappresenta un mezzo di sostentamento per il corpo, ma anche la possibilità di fare quotidianamente esperienza del fatto che il mondo ha qualcosa di buono da offrire.

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Ciò vale soprattutto per i neonati, i quali vivono in una condizione di dipendenza assoluta, quasi completamente ignari del fatto che ci sia una persona che si occupa di soddisfare i loro bisogni. Il bambino così piccolo, infatti, non ha ancora la capacità di distinguere quali stimoli provengano dall’interno del suo corpo e quali dall’esterno, così come ancora non ha acquisito la capacità di pensare, nominare ed affrontare il mondo. Egli dipende completamente dalle persone che si prendono cura di lui, e questo può spesso costituire un fardello piuttosto pesante da sostenere per chiunque.

Il pianto, il dolore, il sonno, la fame, rappresentano esperienze che possono procurare al neonato sensazioni estremamente gradevoli o, al contrario, fortemente spiacevoli ed assistere alle urla e ai pianti di un bambino così piccolo, tentando di comprendere cosa in quel momento li stia generando, non sempre può risultare un compito semplice.

Il bambino, infatti, proprio per il fatto di non avere ancora chiara la differenziazione tra mondo interno ed esterno, vive qualunque stimolo con grandissima intensità: se il neonato ha fame, lui “è la fame” e quando la madre giunge per soddisfare quello che lui percepisce come uno stimolo che lo coinvolge totalmente, non può ancora rendersi conto che questo soddisfacimento avviene ad opera di un “altro da sé”. La differenziazione tra mondo interno ed esterno, tra “me” e “non-me”, infatti, giunge solo con il tempo e a patto che alcune condizioni essenziali siano state soddisfatte.

La possibilità di essere sostenuto e contenuto, la capacità presente nell’ambiente circostante di poter attribuire un senso ai vissuti del bambino, con il tempo gli consente di attribuire senso al proprio gesto e di organizzare una propria immagine di sé distinta dall’esterno. Tutto ciò contribuirà a portare il bambino da uno stato di dipendenza assoluta ad uno di dipendenza relativa, nella quale si rende conto che la soddisfazione dei proprio bisogni avviene grazie all’azione delle persone che lo accudiscono.

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E’ la comprensione dell’altro come essere separato che permetterà l’acquisizione di nuove competenze a tutti i livelli dello sviluppo; ne sono un esempio il linguaggio e l’emergere di emozioni quali il dispiacere e la gratitudine nei confronti di coloro che si prendono cura di lui.

Come si è già avuto modo di accennare in “Lo sviluppo affettivo: gravidanza e nascita”, i primi mesi di vita rappresentano la fase nella quale bambino e genitori si conoscono l’un l’altro. I primi passi di questa conoscenza reciproca vengono fatti grazie all’esperienza legata alle attività quotidiane quali:

  • il pianto;
  • il sonno;
  • l’allattamento;
  • lo svezzamento.

Con il passare del tempo, inoltre, assumeranno sempre maggiore importanza i momenti di veglia tranquilla nei quali il bambino imparerà a giocare.

E’ importante ricordare che ogni bambino nasce con una propria personalità che incide sul proprio modo di essere al mondo. Ci sono bambini che si agitano spesso ed in modo energico ed altri che trascorrono la maggior parte del tempo calmi e tranquilli; alcuni tendono a piangere frequentemente o ad essere più lamentosi, mentre altri mostrano una soglia di frustrazione più alta. Tenere a mente questo aiuta i genitori a comprendere che la loro difficoltà nel capire cosa sia meglio fare non è una dimostrazione della loro “incapacità”, ma rappresenta la fatica che qualunque persona sperimenterebbe nell’avvicinarsi ad un individuo completamente nuovo, sconosciuto, fragile e completamente dipendente. Il tempo e il sostegno necessario contribuiranno ad aiutare i genitori a comprendere cosa il loro bambino intende comunicare con il suo unico e particolare modo di essere e quali sono le azioni che possono aiutarlo e rassicurarlo nei momenti difficili, o entusiasmarlo e stimolarlo in quelli piacevoli.

Dott.ssa Francesca Zaza

Psicologa – Psicoterapeuta

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